sabato 18 settembre 2010

Miti politicamente corretti: la presa di Gerusalemme fu un evento unico e drammatico nella storia medievale, generando la diffidenza dei musulmani

Dopo un assedio durato cinque settimane, il 15 luglio 1099, i crociati entrarono a Gerusalemme. La testimonianza anonima di un contemporaneo ha impresso con forza quel che accadde in seguito nella memoria del mondo:

"Uno dei nostri cavalieri, di nome Letoldo, salì sulle mura della città. Quando raggiunse la cima tutti i difensori della città fuggirono rapidamente lungo le mura e per le strade. I nostri uomini allora li inseguirono e li braccarono, uccidendoli e massacrandoli fino al Tempio di Salomone. E la scoppiò una tale carneficina che i nostri erano immersi fino alle caviglie nel sangue del nemico. L'emiro al comando della torre di David si arrese al Conte (di Saint-Gilles) e aprì le porte della città nel punto in cui i pellegrini solevano pagare il tributo. Al che i nostri pellegrini invasero la città, perseguitando e uccidendo i saraceni fino al Tempio di Salomone. Qui i nemici si barricarono e resistettero per tutto il giorno con un tale accanimento che l'intero tempio traboccava del loro sangue. Ma alla fine i pagani si arresero e i nostri rinchiusero nel tempio moltissimi uomini e donne, uccidendoli o tenendoli in vita a seconda di come credevano meglio. Sul tetto del tempio vi era una folla di pagani di entrambi i sessi, a cui Tancredi e Gaston de Beert diedero i loro stendardi (affinché si proteggessero). Quindi i crociati si sparpagliarono per la città, impossessandosi di oro e argento, di cavalli, di muli e di case piene di ogni ben di dio. Dopodiché, piangendo per la felicità, i nostri uomini si recarono ad adorare il sepolcro del nostro Salvatore Gesù, adempiendo così al loro dovere nei Suoi confronti".

Suona terribilmente stonato, per la nostra sensibilità moderna, tanto entusiasmo di fronte a un simile, ingiustificato massacro. Ma tale è la differenza tra la mentalità di allora e la nostra. Con parole del genere, nel settembre del 1099, tre potenti condottieri crociati (l'arcivescovo Daiberto, Goffredo duca di Buglione e Raimondo conte di Tolosa), si vantarono di fronte a Papa Pasquale II delle imprese dei crociati a Gerusalemme:

"E se volete sapere cosa ne fu dei nemici che trovammo là, sappiate che nel Tempio e nel portico di Salomone si cavalcava con il sangue dei saraceni all'altezza delle ginocchia dei cavalli".

Significativo il fatto che lo stesso Goffredo, uno dei più stimati condottieri crociati, non abbia partecipato alla carneficina: forse perché più consapevole, rispetto ai soldati semplici, di quale tradimento rappresentasse tutto questo nei confronti dei principi che guidavano i crociati.
Balderico, vescovo autore di una storia di Gerusalemme dell'inizio del XII secolo, narra di come i crociati uccisero nelle città tra le venti e le trentamila persone. Il che probabilmente è esagerato, per quanto i testi musulmani ne indichino persino di più. Benché le prime fonti islamiche non specifichino il numero delle vittime, 'Ibn al-Gawzi, circa un secolo dopo l'accaduto, scrisse che i crociati a Gerusalemme "uccisero più di settantamila musulmani".
'Ibn al-'Atir, un contemporaneo di Saladino (il condottiero musulmano che verso la fine del XII secolo portò a termine impressionanti vittorie contro i crociati), riporta la stessa cifra.
Lo storico del XV secolo 'Ibn Tagribirdi arriva a parlare di centomila vittime. Così un secolo dopo l'altro l'entità del massacro si è ingigantita al punto che un ex presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, nel novembre del 2001 raccontò presso la rinomata università cattolica di Georgetown che i crociati non solo trucidarono tutti i combattenti o persino tutti i musulmani di sesso maschile, ma "ogni donna o bambino musulmano si trovasse sul Monte del tempio", finché il sangue arrivò loro non solo alle caviglie, come riportano le cronache cristiane, ma "alle ginocchia", come si erano vantati Daiberto, Goffredo e Raimondo.

Questa azione atroce, questo oltraggio (ci è stato ripetuto tante volte) fu il punto di partenza di un'ostilità millenaria tra l'Islam e l'Occidente.
Ma forse sarebbe più esatto dire che fu l'inizio di un millenio di propaganda antioccidentale che ha visto ogni motivo di risentimento gonfiato a dismisura.

L'assedio di Gerusalemme da parte dei crociati fu indubbiamente un'azione atroce, soprattutto alla luce dei principi religiosi e morali da essi professati. Tuttavia, per gli standard bellici dell'epoca, non era niente che esulasse dall'ordinario. Senza dimenticare poi il plausibile risentimento dei cristiani verso tutte le continue efferatezze dei musulmani nei secoli addietro. A quei tempi comunque saccheggiare una città sotto assedio che resisteva agli invasori era un principio militare generalmente accettato. Nel caso invece in cui non avesse opposto resistenza era doveroso mostrare pietà.
Secondo alcune finti i crociati assicurarono agli abitanti di Gerusalemme che li avrebbero risparmiati, ma poi vennero meno alla parola data. Altri testi riferiscono che essi concessero a molti ebrei e musulmani di lasciare la città e mettersi in salvo. Il conte Raimondo, ad esempio, assicurò personalmente la salvezza al governatore fatimita di Gerusalemme, 'Iftikar al-Dawlah. E' probabile, di conseguenza, che i crociati considerassero ostinati alla resistenza coloro che, malgrado vi fossero queste alternative, sceglievano di restare in città, e così di perdere la vita.

E cosa dire di questi fiumi di sangue all'altezza delle caviglie o delle ginocchia? Nient'altro che retorica.
Quando i cronisti cristiani o i condottieri crociati se ne vantarono, tutti devono averli considerati semplici abbellimenti del discorso. E del resto un fenomeno del genere non è neanche lontanamente possibile.
Perché si creasse tanto sangue non bastava l'intera popolazione di Gerusalemme, neppure se agli abitanti si fossero aggiunti i rifugiati provenienti dalle regioni circostanti.

Il fatto che l'assedio di Gerusalemme non sia stato un evento così fuori dall'ordinario spiega probabilmente il carattere laconico dei primi resoconti islamici a riguardo. Intorno al 1160 due cronisti siriani, al-'Azimi e 'Ibn al-Qalanisi, lo descrissero ognuno dal proprio punto di vista. Nessuno dei due fornì una stima delle vittime.
Al-'Azimi disse soltanto che "i crociati raggiunsero Gerusalemme e la sottrassero agli egiziani. Goffredo la conquistò. I suoi uomini diedero alle fiamme la chiesa degli ebrei".
'Ibn al-Qalanisi aggiunse qualche dettaglio: "I franchi presero d'assalto la città e se ne impossessarono. La maggior parte dei suoi abitanti fuggì verso il tempio e in tantissimi furono uccisi. Gli ebrei si rifugiarono nella sinagoga e i franchi la bruciarono a loro insaputa. Quindi il 22 sa'ban (14 luglio) di quell'anno, il tempio capitolò, ed essi distrussero i sepolcri e la tomba di Abramo". Solo in seguito gli autori musulmani realizzarono il valore propagandistico dell'enfatizzare (ed esagerare) il numero delle vittime.

Ed in ogni caso è storicamente provato che le armate musulmane, nell'invadere una città, si comportarono spesso nello stesso identico modo. Il che non vuole certamente giustificare la condotta dei crociati, né suggerire che "tutti lo fanno" richiamandosi da avvenimenti simili: così fanno del resto gli apologeti dell'Islam quando si confrontano con le realtà del moderno terrorismo jihadista. Un'azione atroce non ne giustifica un'altra.
L'intenzione, piuttosto, è spiegare che il comportamento dei crociati a Gerusalemme non fu né più né meno di quello che gli altri eserciti dell'epoca (dal momento che tutti i paesi descrivono allo stesso modo assedi e resistenze).

Nel 1148, ad Aleppo, il comandante musulmano Nur ed-Din non esitò a ordinare l'uccisione di tutti i cristiani. Mentre nel 1268, quando le forse jihadiste del sultano mammalucco Baybars sottrassero Antiochia ai crociati, Baybars fu estremamente irritato dalla notizia che il conte Beomondo VI, sovrano dei crociati, aveva già lasciato la città. Così scrisse a Beomondo, per assicurarsi che sapesse cosa i suoi uomini avevano commesso ad Antiochia:

"Avessi visto i tuoi cavalieri, prostrati sotto le zampe dei cavalli, le tue case prese d'assalto dai saccheggiatori e corse dai predoni, le tue ricchezze pesate a quintali, le tue dame vendute a quattro per volta e comprate al prezzo di un dinàr della tua stessa roba! Avessi visto le tue chiese con le croci spezzate, i fogli dei falsi Vangeli sparpagliati, i sepolcri dei Patriarchi sconvolti! Avessi visto il tuo nemico musulmano calpestare il luogo della messa, e sgozzati sull'altare monaci, preti e diaconi, e i Patriarchi colpiti da repentina sciagura, e i principi reali ridotti in schiavitù! Avessi visto gli incendi propagarsi per i tuoi palazzi, e i vostri morti bruciare al fuoco di questo mondo prima che a quello di quell'altro. I tuoi palazzi resi irriconoscibili, la chiesa di San Paolo e quella di Qusyàn (la cattedrale di San Pietro, il centro della vita religiosa di Antiochia) crollate e distrutte, allora avresti detto: Oh foss'io polvere, e non avessi mai avuto una lettera con tale notizia!".

Ma ancora più tristemente nota è forse l'invasione di Costantinopoli del 29 maggio 1453, quando i jihadisti, come i crociati nel 1099 a Gerusalemme, spezzarono la lunga resistenza opposta al loro assedio. E anche qui, come riporta lo storico Steven Runciman, vi furono fiumi di sangue. I soldati musulmani "uccidevano chiunque incontrassero nelle strade, uomini, donne e bambini, indiscriminatamente. Il sangue scorreva a fiumi dalle alture di Petra al Corno d'Oro. Ma poi la violenza si placò, e i soldati realizzarono che prigionieri e oggetti preziosi avrebbero portato loro maggiori profitti".

Proprio come i crociati, che violarono i santuari tanto della sinagoga quanto della moschea, i musulmani profanarono monasteri e conventi, privandoli dei loro abitanti, e saccheggiarono le abitazioni private. Inoltre occuparono la Hagia Sophia, che per quasi mille anni era stata la più grande chiesa della cristianità. Durante le ultime ore di agonia della città i fedeli si erano rifugiati tra le sue sacre mura. I musulmani interruppero la celebrazione dell'Orthros (il mattutino), mentre i sacerdoti, secondo la leggenda, presero le urne sacre e scomparvero all'interno delle mura orientali della cattedrale, attraverso le quali torneranno un giorno per portare a termine il servizio divino. In seguito i musulmani uccisero i deboli e gli anziani e ridussero gli altri in schiavitù.
Quando la carneficina e il saccheggio ebbero fine, il sultano ottomano Mehmed II ordinò a uno studioso islamico di salire sull'alto pulpito della Hagia Sophia per dichiarare che non esisteva Dio al di fuori di Allah e Maometto era il suo profeta. L'antica, magnifica chiesa fu trasformata in una moschea. Centinaia di altre chiese a Costantinopoli e in altri luoghi subirono lo stesso destino. Milioni di cristiani si unirono alle misere schiere dei dimmi. Altri furono schiavizzati e molti altri martoriati.

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